“Strano gioco. L’unica mossa vincente è non giocare”

Ha sempre avuto un po’ il sapore della fantascienza vecchia scuola il nostro Person of Interest, tra personalità cibernetiche che raggiungono vette tra il divino e il magico, eroi urbani che se la cavano per il rotto della cuffia, ma soprattutto possibilità sconfinate e al momento irraggiungibili poste con garbo e calate in un contesto quotidiano. Quella fantascienza al confine tra meraviglia e fantasy, spielberghiana di nascita (e l’idea di Minority Report è uno dei riferimenti iniziali), oggi abramsiana di adozione, la stessa che avevamo amato in Fringe e che da quattro anni ci intrattiene, con i suoi alti e bassi, sulla CBS. La quarta stagione di Person of Interest ha continuato con coerenza su quella scia, tra una programmazione a singhiozzo e scelte di trama discutibili, ma riuscendo a mantenere alta l’asticella dell’intrattenimento e della qualità. Una serie facile da amare.

Ogni annata...