“Lascia stare Jake, è Chinatown”

Ma anche “lascia stare Ray, è Los Angeles”. Cambiano i tempi, cambiano i volti, ma i generi rimangono sempre gli stessi, e True Detective, che dalla visione del suo coltissimo ideatore Nic Pizzolatto è stato calato nelle perfette atmosfere da noir, non fa eccezione. Intendiamoci, questa seconda stagione ancora in corso è tutt’altro che perfetta, anzi a voler trarre un bilancio provvisorio probabilmente sono più gli elementi negativi che quelli positivi. Ma è anche vero che la serie HBO è stata sottoposta – anche dal sottoscritto, non lo nego – ad un processo di dissezione che in altre sedi ci saremmo risparmiati, dovuto al fatto di arrivare in televisione con un carico di aspettative enorme dopo quel cult immediato che era la prima stagione. Tutto questo ha condotto, a partire da oltreoceano e da un discusso editoriale di Hollywood Reporter, ad accogliere con un responso a metà fra delusione e disgusto, l’attesa scena dell’orgia nel finale del sesto episodio.

Soprassedendo su tutte le generiche considerazioni sulla prima parte di stagione da parte di Tim Goodman, sulle quali si può essere o meno d’accordo, è proprio questo momento della puntata a destare la maggior parte delle critiche. Si legge nell’articolo originale:

Rovinato in che modo? Beh, se avete deciso di mostrare alle persone un’orgia, non dovrebbe essere sexy? O almeno eccitante? Questa era tutta una serie di pose noiose e sesso quasi delicato. Se volete giocare la carta dell’orgia – e ricordiamo che non dovreste, a meno che non siate del tutto senza idee – allora cercate di fare il massimo. Anche Masters of Sex di Showtime è più erotico.

E, a proposito dei flashback sullo stupro di Ani:

Bene, quello decisamente vi toglierà l’effetto viagra. Nessuno vuole vedere delle allusioni ad abusi su minori inserite nella scena di un’orgia. Nessun dubbio che questo sia stato l’ennesimo tentativo di True Detective di sembrare pesante e realistico, ma quello che è venuto fuori è stato qualcosa di fuoriposto e banale. E a questo punto, sperare per qualcosa di meglio è chiaramente inutile.

Ora, qui credo si debbano fare due ordini di considerazioni. Le prime sulla scena in sé, sulle aspettative e sulla sua realizzazione, la seconda sulla sua interpretazione e sul significato della stagione. Innanzitutto non credo che aspettarsi qualcosa di sexy ed eccitante fosse giusto: il contesto, coerentemente con tutto quello che la serie ci ha mostrato finora, è volgare, degradante e disturbante. Il fatto che sia un’orgia non deve definire le nostre aspettative, sono gli obiettivi della serie a farlo (è ovvio che non siamo nel bordello di Ditocorto), ed è chiaro che qui si voleva mostrare l’ennesimo esempio di marciume della contea. Stessa considerazione per la presunta “delicatezza” della scena (siamo sicuri che in caso contrario non si sarebbe parlato di gratuità della scena?).

Il secondo ordine di considerazioni è più complesso, e purtroppo ha un grosso problema: si basa su una stagione ancora non terminata. Come scritto in un breve paragrafo della recensione all’episodio, l’evento può essere letto come “rappresentazione di uno stupro collettivo – esemplificato e suggerito nei flash dal passato della detective – perpetrato dai potenti della valle (politici ed imprenditori) contro il territorio, che marcisce e si incupisce sotto il peso delle infinite strade che vediamo ancora e ancora come immagini di transizione da una scena all’altra”. Di qui il collegamento con la citazione di Chinatown di Roman Polanski all’inizio, che è e rimane il punto di riferimento cinematografico principale della serie.

Come in quel caso tornano i due binari paralleli dell’indagine, quello relativo alla speculazione edilizia e quello relativo a vicende più personali che riguardano – in quello che era il colpo di scena del film – proprio uno stupro, e che quindi inoltre si riferiscono ad un malsano rapporto tra padri e figli (e figlie). Se poi questo viene unito a tutte le considerazioni sui riferimenti edipici confermati dall’autore  disseminati lungo la stagione, il gioco è fatto ed è facile vedere un disegno più grande e simbolico – oltre che di forte impatto – nella sequenza. True Detective è una storia di padri che tormentano figli come i potenti tormentano, e violentano, la contea di Los Angeles. Rimane da vedere se questa tesi verrà confermata anche nel finale con la scoperta dell’assassino, ma credo che per quanto si è visto finora sia una buona chiave di lettura della vicenda.