I due cliffhanger che chiudevano la prima stagione di Bloodline arrivavano in coda ad un racconto che aveva esaurito la sua carica narrativa, che aveva esplorato al meglio l’ambiguità dei personaggi e il conflitto che era il motore della storia. C’era un forte senso di artificiosità nell’apparizione improvvisa del figlio mai sentito e mai nominato di Danny Rayburn, nel modo in cui questo si incuneava in un finale tutt’altro che conciliante, ma esauriente. La grande domanda a cui il trio di autori della serie di Netflix doveva rispondere era se, tolto di mezzo il personaggio più interessante della serie, questa avrebbe avuto ancora qualcosa da dire. La risposta è negativa: la seconda stagione di Bloodline non è mai mediocre, ma spesso dà la sensazione di essere inutile.

Eravamo rimasti con John, Meg e Kevin a pulirsi le mani ancora sporche del sangue di Danny, ucciso dal primo, che era stato poi coperto e aiutato dagli altri due. Mentre la vita prometteva faticos...