Outcast 1×04, “A Wrath Unseen”: la recensione

Outcast
ideata da Robert Kirkman
Cinemax
La prima stagione in onda dal 6 giugno 2016 su Fox
Quarto episodio di Outcast in linea con quanto visto fino a ora. Niente di spettacolare sul fronte, a parte qualche inaspettato colpo di scena all’interno della storyline di Megan e di suo marito Mark. Attualmente proprio quest’ultima vicenda, per assurdo che sia, sembra essere la più interessante. Megan in fin dei conti si sta dimostrando un personaggio fondamentale e gli autori ci tengono a farci scoprire lati del suo carattere e le varie sfumature della sua personalità, apparentemente forte ma in realtà molto fragile. Ce lo spiega ancor di più la scena rallenty finale, troppo lunga, ma comunque d’effetto; la sua frustrazione e debolezza derivano dal suo passato che torna sotto forma di un abusatore in carne ed ossa. Il suo nome è Donnie e come avevamo già appreso nello scorso episodio quest’uomo è stata e continua ad essere una persona chiave per la vita di Megan. Interagiscono con lui durante il corso dell’episodio anche Kyle e Mark. Il primo rivive chiaramente gli stessi momenti di quando era piccolo, ossia di quando cercava di aiutare e difendere sua sorella nonostante la sua palese inferiorità fisica. Il secondo certamente più robusto approccia inizialmente con lui non collegando i fatti; infatti la moglie gli aveva raccontato di aver subito abusi ma senza entrare mai nello specifico di chi fosse stato. Una volta che Mark comprende la situazione, anche grazie all’aiuto di Kyle, finisce inevitabilmente nei guai, nonostante il tentativo di Megan di incitare Donnie a lasciare la città prima di un eventuale scontro. A complicare di più le cose ci si mette una misteriosa telecamera installata sulla macchina della polizia di Mark che riprende scrupolosamente il momento del pestaggio.

Scorre ancora lentamente il percorso del capo Giles sulla scia del caso misterioso apertosi nel secondo episodio. Seppur inizialmente lo sceriffo sembrasse intenzionato a volerlo chiudere per mancanza di prove, il ritrovamento di un orologio appartenente ad un suo amico, riporta in lui la curiosità di volerci capire qualcosa di più. Ma al momento rispetto a tutto questo qualcosa in termini di sceneggiatura sta andando per il verso sbagliato, visto che noi spettatori conosciamo a malapena l’identità del possessore dell’orologio. Da parte nostra infatti non c’è stupore né nella rivelazione, già anticipataci dal ringhio intelligente e scrupoloso del cane, né nella scena dell’incendio; quello che comprendiamo immediatamente è che si tratta di un espediente per portare Giles al centro della vicenda, accantonata stavolta da Mark per ovvi motivi.

Il reverendo Anderson e Kyle questa settimana fanno un passo avanti, si perché nonostante questa volta vi è stata l’assenza di un esorcismo vero e proprio i due si rendono conto che le persone precedentemente esorcizzate potrebbero in realtà avere al loro interno ancora un rimasuglio del demonio. Rispetto a questo abbiamo notato che anche il reverendo Anderson, così come i coniugi Warren di The Conjuring, ama portare con sé oggetti appartenenti alla vittima; al momento non c’è sembrato di vedere nessuna bambola. L’idea nasce dal momento in cui vanno a trovare Mildred, una donna ormai anziana già vittima di possessioni, la quale sembra essere ritornata in uno stato di incoscienza vero e proprio. È a dir poco fantastica l’interpretazione di Grace Zabriskie, incisiva negli sguardi e spaventosa nei movimenti. A questo punto diventa ancora più essenziale la forza e l’unicità del reietto all’interno del quadro generale. Si tratta in fin dei conti di un eletto che è costretto per forza di cose a risolvere questi misteriosi casi di esorcismo del passato, del presente e del futuro. Chissà che non venga inclusa anche Allison, la sua ex-moglie; infatti è proprio questo l’enigma irrisolto con cui ci saluta l’episodio.

Ma nonostante Kyle abbia un’estrema voglia di ritornare in azione, la poca verve e la costante depressione che lo circondano stanno rendendo il tutto leggermente noioso. Si tratta di un elemento che sulla carta ha maggiore possibilità di funzionare. Questi aspetti sono sicuramente voluti dagli autori e in questo Patrick Fugit sembra essere l’interprete perfetto, ma nonostante il giusto casting, la serie purtroppo sta facendo fatica ad avviarsi. Il ritmo è un elemento essenziale e al momento la linea di svolgimento generale degli episodi si sta un po’ ripetendo su sé stessa. Noi ci auguriamo di vedere arrivare dei punti di svolta effettivi che possano farci cambiare idea, visto che comunque Outcast ha tutte le carte in tavola per funzionare nel migliore dei modi. La serie ha un enorme potenziale, a partire dai personaggi, dalle ambientazioni e da alcune scelte stilistiche originali.

Concludiamo con il parlare di Sidney, un personaggio che si muove chiaramente nell’ombra, che sta tessendo le sue tela lentamente in attesa di una eventuale futura rivelazione. I suoi spostamenti e l’immaginare il modo in cui si esporrà nei prossimi episodi è certamente una delle questioni che ci tiene più attaccati alla serie.

Per confrontarvi con altri appassionati della saga, vi segnaliamo la pagina Outcast – Italia.

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