Prosegue su Netflix il racconto, tra mito e aderenza storica, della vita di Pablo Escobar, la cui vita si intreccia sempre più fermamente con il destino del suo paese, la Colombia. Il secondo atto della vita del narcotrafficante (qui la recensione della prima stagione), nella serie alla quale ha collaborato attivamente il regista José Padilha, noto per il dittico Tropa de Elite, si compone di dieci episodi.

Dopo la visione delle prime sei puntate di Narcos 2, siamo in grado di avere un quadro piuttosto chiaro e sincero su ciò che questa nuova fase narrativa offre ai telespettatori.

  • Narcos è Pablo Escobar…

Nonostante la prospettiva storica e l’utilizzo, a volte sfrontato, di materiale di repertorio, il racconto della lotta al narcotraffico nasconde la precisa idea di andare a costruire una narrazione biografica – con le dovute licenze di stile e contenuto – su quello che forse è il più ricco criminale della storia. Pablo Escobar è il protagonista incontrastato della serie, e la sensazione è che ogni altro personaggio, ogni vicenda, ogni parentesi, nasca o per riferirsi alla sua persona o per dare il giusto respiro agli eventi in attesa di tornare su di lui. Agli agenti Peña (Pedro Pascal) e Murphy (Boyd Holbrook) viene riservato del tempo, anche per trattare vicende più private, ma si tratta di personaggi che vivono sempre la condizione di strumenti narrativi, pedine in un gioco molto più grande.

  • … e Pablo Escobar è Wagner Moura

Potremmo definirlo l’attore feticcio di Padilha, dato che già nei due Tropa de Elite era protagonista nei panni del capitano Roberto Nascimento. Qui è chiamato ad un compito molto più arduo: sostenere sulle sue spalle il peso della narrazione, il valore anche emblematico di quella che rimane nonostante tutto un’icona storica. L’attore brasiliano si pone anima e corpo – davvero importante il lavoro sulla fisicità e sulle espressioni così caratteristiche – al servizio del suo personaggio. L’interpretazione di Wagner Moura è talmente convincente da annullare qualunque discrasia tra le immagini di repertorio (nella sigla e durante gli episodi vediamo spesso il vero volto di Escobar) e la finzione scenica.

  • Adesione storica…

La vicenda personale e gli avvenimenti storici che circondano questa nuova fase della vita di Pablo Escobar dopo la fuga non sono un segreto. La serie non lavora in punta di piedi, si prende varie libertà soprattutto nella gestione dei rapporti nelle stanze del potere, ma è chiaramente legata a ciò che effettivamente accadde. D’altra parte, come già lo scorso anno, questo non sembra essere un problema. La vita di Pablo Escobar assume alcune caratteristiche – forse ricercate dallo stesso protagonista, chissà – che ne fanno materia per qualcosa in cui è difficile individuare il confine tra invenzione e verità.

  • … e libertà narrative

Pablo Escobar nella doppia veste pubblica e privata. Soprattutto in quest’ultimo caso molto di più rispetto alla prima stagione, anche perché stavolta lo vediamo spesso sofferente, braccato e furioso. Escobar quindi come figlio, marito e padre, che non viene definito solo dagli avversari degli altri cartelli, dal governo, perfino dagli Stati Uniti, ma, quasi “teneramente”, anche dai rapporti con la madre, con l’amatissima moglie e con i figli.

  • Genere gangster, tra mito e realtà storica

È in queste libertà narrative che la scrittura scava per costruire una nicchia di pietà, perfino di comprensione per il criminale. In questo senso Narcos è un prodotto sempre perfettamente ascrivibile al genere gangster: una storia che sembra scritta per il cinema, che ne rispetta canoni e figure archetipiche, ma che, come già scrivevamo lo scorso anno, ha una forza propria che le deriva dalla verità storica, che è sempre più intensa della finzione.

  • Una stagione diversa

Si tratta di una seconda annata che si presenta fin da subito come più intima, magari non più violenta, ma decisamente più intensa. Sembra passata la fase della domanda quasi cult “plata o plomo?”, quell’inarrestabile crescita e glorificazione del criminale che ora si trova, spalle basse e volto stanco, a discendere il crinale del successo. Rimane un senso di stanchezza, non certo nella scrittura o nello spettatore, ma negli occhi di personaggi che, da qualunque lato della barricata si trovino, desiderano solo arrivare ad una conclusione.

  • Uno stile che si conferma

Narcos continua a mantenere quella peculiare caratteristica dello spagnolo che soverchia la lingua inglese, che per una volta suona estranea in un contesto televisivo e si trova a dover rincorrere. Lo stile si mantiene fedele a quello visto lo scorso anno, anche se il voice over è sempre più ridotto e in generale si ha la sensazione di un narratore meno onniscente, che ha una prospettiva generale e storica sugli eventi, ma che in un’annata, come abbiamo detto, “più intima”, necessariamente deve abdicare in parte al suo ruolo. E la serie ne guadagna parecchio.

La seconda stagione di Narcos arriverà su Netflix il prossimo 2 settembre. In questa pagina trovate la nostra recensione della prima stagione.

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