Netflix ha cominciato a produrre le sue serie e trasmetterle sulla propria piattaforma da quattro anni e, con Bloodline, show candidato ai premi Emmy con protagonista Kyle Chandler, ha preso una decisione che, in questi anni non ha preso molto spesso, quella di cancellare la serie arrivata alla sua terza stagione e questo nonostante la critica non abbia speso che ottime parole per questa produzione.

Poiché Netflix, a differenza dei 5 principali network americani, non rilascia i dati di ascolto delle serie che manda in onda, è difficile comprendere i motivi per i quali possa aver deciso di interrompere la produzione di uno show apparentemente tanto apprezzato dalla critica, ma è possibile immaginare che le motivazioni siano strettamente legate ai costi/benefici. Quando Netflix produce uno show, di fatto, paga – nel caso di Bloodline alla Sony – l’intero costo della produzione per la serie agli Studios oltre ad una sostanziale quota, che oscilla tra il 30 e il 60 per cento, per “risarcirli” del fatto che non potranno guadagnare dalla vendita delle repliche della serie, sia in America, che – ovviamente – all’estero. Questo meccanismo rende la produzione di uno show per Netflix enormemente dispendiosa, si calcola che i costi per la serie in questione si aggirino introno ai 7/8,5 milioni di dollari per episodio, il che – affiancato a ascolti probabilmente non stellari – potrebbe spiegare il perché della decisione della piattaforma di cancellare Bloodline.

Un altro elemento che potrebbe aver contribuito alla decisione di cancellare la serie è che, nonostante la presenza di produttori dal talento dichiarato e attori stellari, oltre a Chandler, protagonisti dello show sono Ben Mendelsohn e Sissy Spacek, Bloodline non è riuscito a creare tra il pubblico lo stesso genere di reazione entusiasta che Stranger Things e Master of None hanno ottenuto con una sola stagione. Come a dire che, per una piattaforma come Netflix, l’accoglienza del pubblico generalista ed il conseguente spazio sulla stampa dedicato ai loro prodotti, conta evidentemente di più dell’apprezzamento della nicchia di coloro che votano per gli Emmy o i Golden Globe.

Cancellare uno show su Netflix non è la stessa cosa che cancellare uno show in un normale network. Nonostante infatti, secondo i produttori, Bloodline fosse stato concepito per durare diverse stagioni, non significa che l’interruzione prematura del suo corso segni un fallimento. Gli autori sono infatti stati avvisati per tempo della decisione della piattaforma di chiudere la produzione ed hanno quindi potuto sviluppare la terza stagione in modo tale da regalare al pubblico la degna chiusura che ogni show meriterebbe, il che vuole dire che Bloodline, a differenza di quanto è avvenuto con serie come Vinyl della HBO e The Bastard Executioner di FX, potrà essere comunque goduto su Netflix, dalla prima alla terza stagione, come un prodotto finito e con una degna conclusione.

Fino ad oggi Netflix era stato sinonimo di espansione, negli ultimi anni la piattaforma non ha fatto che svilupparsi ed allargare l’offerta proposta agli iscritti in maniera esponenziale, la cancellazione di Bloodline, tuttavia, è il primo segno di un arresto in questo trend volto alla crescita. E’ come se, per la prima volta, la dirigenza di Netflix abbia dovuto cominciare a fare i conti con i costi della produzione di uno show contrapposti al desiderio di poter offrire al proprio pubblico un prodotto interessante e godibile, a prescindere da quanto dispendioso possa essere metterlo in essere.

Queste considerazioni, messe a confronto con un generale calo degli iscritti alla piattaforma, può aiutare a comprendere cosa potremo aspettarci da Netflix da questo momento in poi, cioè decisioni probabilmente più strategiche ed oculate, proprio come se la piattaforma americana avesse cominciato a giocare tra gli adulti.

Fonte: Vulture

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