Ci inoltriamo nelle puntate finali della seconda stagione di The Path con “Restitution“, episodio dedicato alla purificazione interiore e al ripensamento delle proprie peggiori azioni dell’anno che possono aver recato sofferenza ai propri cari.
Come di consueto l’episodio inizia con una sequenza onirica, che esprime il senso di colpa di Sarah, ancora perseguitata dalle persone e dagli animali avvelenati dall’acqua. Ormai in lei le azioni seguono una logica di scissione tra l’etica e il bene della sua comunità, logica suggellata dall’unione con Cal, di cui non vuole parlare ma di cui non sembra nemmeno pentirsi. E’ significativo che proprio dopo Boston Sarah sia chiamata a riflettere sulle sue azioni recenti, e che appaia più serena con le sue scelte nonostante i foschi presagi del sogno, che si rivelano nell’apprendere della morte di Marshall, l’allevatore che avrebbe dovuto aiutare.

Tornati al compound cominciano i tre giorni di rito della restitution, riparazione: tre giorni in cui i meyeristi si liberano delle loro trasgressioni e dei loro peccati per affrontare l’anno che viene. Nel dettaglio il rito è piuttosto inquietante: ogni fedele (bambini compresi) scrive su un biglietto il peccato di cui si vuole liberare e lo ripone in piccole bare di legno dipinte a mano, che vengono gettate in mare e in seguito recuperate e bruciate.

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Il ribaltamento di prospettive di questa stagione funziona, il meccanismo di azione-reazione che era così prevedibile e lineare nella prima stagione è ora meno scontato. Sarah, fin dall’inizio uno dei personaggi più complessi, è ora mossa da dinamiche più ambigue e sfumate. Al polo opposto c’è Eddie, l’emblema del dubbio e dell’imperfezione, sempre combattuto e sempre in cerca di un modo per conciliare la razionalità e la fede: se il suo percorso è gustamente instabile e incoerente, più farraginose le figure di Richard e Filicia, ora consiglieri, ora meri supporter del cammino di Eddie contro quello di Sarah e Cal, senza nessuna tridimensionalità.
Le azioni e le scelte di Eddie sono sincere, spesso poco pianificate, confuse. Riceve la visita di Tessa, che evidentemente ha cambiato idea, e si rivela molto pià impulsiva e ferita dalle circostanze di quanto poteva sembrare. La proposta di Eddie è raccogliere tanti “rinnegati” e poi presentarsi al campo meyerista, per convincere i piani alti che si tratta di una politica ridicola; per tutta risposta Tessa si precipita dalla sua ex-famiglia, facendo una scenata davanti a genitori, fratelli, nipoti, e incassando il rifiuto della madre persino di guardarla, ma anche rivelando che la “figlia perfetta” Sarah all’epoca fu a un passo da fuggire con lei.
Nel frattempo Hawk incontra di nuovo Ashley e le mente parzialmente sulla natura del suo rapporto con Noa. Trascinati costantemente l’uno verso l’altra, Hawk fa per una volta qualcosa “da adolescente”, con la sua fuga d’amore a New York, che finisce però ancora una volta nell’incomprensione, quando Ashley gli confessa che l’anno prima l’aveva lasciato dietro il ricatto di Cal, per ottenere una casa per lei e sua madre. E Hawk, ferito, se ne va, incapace di mettersi nei panni della ragazza, ma forse ora pronto a ridimensionare la sua ammirazione incondizionata per Cal.

Sebbene la serie tenda sempre a trascurare alcune linee di trama, che basterebbe semplicemente non cominciare o (che fine ha fatto Chloe? E perché non vediamo alcuna reazione di Noa al comportamento di Hawk?), questa stagione riesce ad approfondire meglio il controverso nodo tra fede e illusione, libertà e coercizione, responsabilità e assoluzione, sottolineando le contraddizioni insite nel comportamento di tutti, che un piccolo funerale non può certo ripulire. Dopo i tre giorni di analisi interiore molti dei personaggi hanno taciuto i veri problemi oppure si preparano a cambiare schieramento (come Mary, forse convinta a seguire Sean); soprattutto, i conflitti esteriori sono destinati a scoppiare, tra l’indagine dell’FBI a un punto di svolta, e la miccia innescata da Richard lasciando che Eddie scopra della relazione tra Sarah e Cal.