Il dramedy era forse l’unica possibile maniera di raccontare la scena della stand up comedy, specie quella terribile, competitiva e dura della Los Angeles negli anni ‘70, il periodo in cui sono emersi Richard Pryor, George Carlin e Andy Kaufman, ridefinendo il concetto di cosa un comico possa (o debba) fare. Il dramedy è il solo registro possibile perché una serie del genere non può prescindere dall’umorismo e aggiungere a questo anche un tono da commedia, sovrapporre le battute che i personaggi devono dire per lavoro con quelle che la serie deve dire per intrattenere il pubblico, forse sarebbe stato troppo. Invece alla base di I’m Dying Up Here c’è l’idea di smussare i confini tra le risate del pubblico dei locali in cui i personaggi si esibiscono o quelle dei personaggi che ascoltano con quelle dello spettatore. Non c’è insomma mai solo lo spettatore a ridere, ma sempre qualcuno che ascolta il comico fare la sua battuta, c’è la reazione in campo, il bisogno di essere ascoltati e di c...