L’immaginario di David Lynch prende vita in un quella zona grigia al crepuscolo della ragione, tra il conscio e l’inconscio (Eraserhead), tra il possibile e il desiderabile (Mulholland Dr.), tra la vita e la morte (Strade Perdute). Esiste un libretto delle istruzioni per tutto questo, ma non possiamo vederlo, solo sfogliare alcune pagine strappate, magari nascoste all’interno di una porta nel bagno di una centrale della polizia, e sperare per il meglio. Cercare di non morire, come qualcuno ci urlerà da un altrove troppo lontano. Il revival di Twin Peaks è senza dubbio affine a tutto questo, alla poetica di Lynch, ma è anche qualcosa in più. Nell’apparente marginalità di ogni evento esistono collegamenti che vanno oltre ciò che vediamo. L’apparizione di Diane ne è un esempio.

La visione di Lynch è incorruttibile, personale, blindata. Questo è il suo lascito al cinema e alla televisione ed episodio dopo episodio appare chiaro che Showtime ha concesso carta bianca al regista. Eppure in qu...