Sette anni. Tanti sono quelli narrati nel grande progetto This is England, evolutosi tra cinema e televisione nell’arco di un decennio e terminato nel 2015. La creatura di Shane Meadows, nata con il lungometraggio omonimo e proseguita con tre miniserie, rappresenta una delle punte di diamante della narrazione seriale british: fulminante, cruda, mai conciliante. Uno spaccato storico e sociale della Gran Bretagna, delle sue contraddizioni sul finire degli anni ’80, tra violenza e degrado, tra colpe mai riscattate e senso di insoddisfazione. Il tutto filtrato attraverso le maschere tragiche del quotidiano, volti caratteristici che emergono in ambienti grigi, in cerca di un riscatto che forse non arriverà mai.

Era il 2006 quando Shane Meadows realizzava il primo This is England. Ambientato nel 1983, durante la Guerra delle Falkland, era un racconto di formazione schietto e violento sulla ricerca di identità di un ragazzino di nome Shaun (Thomas Turgoose) che entrava in un gruppo di skinhead. Il dramma giungeva dopo l’uscita di prigione di Combo (Stephen Graham), che cercava di muovere il gruppo, forte dell’influenza avuta soprattutto sul più giovane, su posizioni di estrema destra di stampo razzista e nazionalista. La storia, conclusasi con una forte presa di coscienza da parte di Shaun, che di fatto passava dalla fanciullezza all’adolescenza, sarebbe proseguita nelle tre miniserie andate in onda su Channel 4.

Si tratta di This is England ’86, ’88 e ’90, che riprendono i personaggi a distanza di anni raccontandone in alcuni casi l’evoluzione, ma anche la stasi, le paure, i dubbi, il senso di profondo sconforto e l’inadeguatezza. Andate in onda rispettivamente nel 2010, 2011 e 2015, per un totale di undici episodi, le miniserie riprendono e ampliano lo sguardo sul gruppo di protagonisti. Shaun quindi, e Combo, ma anche Lol (Vicky McClure), Woody (Joseph Gilgun), Milky (Andrew Shim), Smell (Rosamund Hanson), tanto per citare i principali.

Come una catena di eventi, responsabilità e colpe da espiare, il film e le tre miniserie rappresentano un unico grande progetto evolutosi oltre le previsioni iniziali fino a raccontare una storia più grande. Ogni capitolo temporale è legato al precedente e ai successivi secondo connessioni che non sono solo narrative, ma anche e soprattutto emotive. Fin dal titolo dell’opera è chiara la visione emblematica che queste vite ai margini dovrebbero rappresentare. Senza prospettive, in cerca di un’identità che la nazione sofferente non è in grado di offrire. This is England unisce tutte queste prospettive, quella storica, quella sociale, quella drammatica, e le fonde in qualcosa di molto sentito. Non pretende di dare risposte, non si permette di fare la morale (in generale concetto che va stretto alle serie inglesi).

Ne emerge un racconto molto coeso, nonostante i molti anni di realizzazione, in cui ogni miniserie ha un valore a sé, ma tutte lavorano per la grande storia. Il perno centrale, a volerne trovare uno, è il rapporto tra Woody e Lol. L’86 è l’anno delle nuove sfide e delle svolte drammatiche. L’88 segna una parentesi riflessiva e di conciliazione, considerato anche che tutto si svolge nei pochissimi giorni del Natale di quell’anno. Il ’90 è l’anno del confronto. La scrittura di Jack Thorne (Skins), stampella fondamentale di Meadows lungo tutto il progetto, in quest’ultimo caso percorre una strada completamente diversa, con i quattro episodi che coprono un anno interno, ognuno intitolato come una delle stagioni.

Le possibilità della serialità si sposano bene con l’idea di sequel in cui l’elemento temporale ha un grande valore nel segnare lo scorrere degli anni e l’idea di mutamento nei rapporti. Ogni blocco di episodi è un’isola nella corrente del tempo, agganciata alle precedenti, ma forte proprio grazie alle sue specificità. Dove il film riportava tutto a considerazioni più chiare e finite, la serie, nel suo essere un progetto continuamente “in divenire”, non deve offrire punti di riferimento. Il senso di colpa può rimanere segreto, il dilemma del personaggio può rimanere insoluto, il conflitto può rimanere irrisolto.

Tra le musiche d’epoca e le ricorrenti composizioni di Ludovico Einaudi, This is England poggia la forma del racconto su volti incisivi e interpretazioni magnetiche, in cui Meadows ha sempre lasciato ampio spazio all’improvvisazione. Rimangono gli scatti di rabbia di Shaun, le incertezze di Woody, il percorso straordinario di Combo, rimangono momenti di disturbante realismo (una conversazione a tavola in Autumn di grandissima potenza espressiva), rimangono piccoli momenti di realizzazione personale che appaiono quasi come corpi estranei rispetto a tutto il resto.